Immaginiamo due o più insegnanti
che lavorano nella stessa classe.
Gli alunni sono gli stessi, eppure le
esperienze vissute dai docenti in questione sono completamente diverse. Per
alcuni di essi sono positive, mentre per altri sono pressoché negative. Vi è
mai capitata una situazione del genere vero? Da cosa dipende allora questa
discordanza se il contesto classe è identico? Dalla gestione della classe di ciascun
insegnante. Nient’altro.
Cosa vuol dire gestire una
classe, con tutte le sue molteplici sfaccettature, problemi e difficolta?
E soprattutto oggigiorno?
All’inizio pensavo che gestire
una classe significasse solo essere capaci di mantenere la disciplina e basta. Mi
sbagliavo.
Con il tempo e soprattutto con l’esperienza
ho imparato che gestire la classe è molto di più che riuscire a tenere calmi
gli alunni al fine di evitare la confusione o il disordine.
Gestire la classe non è solo
richiamare un alunno che ha comportamenti sconvenienti o riprendere per
l’eccessivo chiacchiericcio. No o meglio non si riduce solo a questo.
Gestire la classe significa
indirizzarsi verso dei rapporti interpersonali che promuovano nell’alunno un
atteggiamento positivo verso l’apprendimento.
Ecco, possiamo allora riassumere
dicendo che la gestione della classe include tutte le strategie e le
metodologie didattiche che noi mettiamo in atto sia per promuovere l’interesse
e la partecipazione di ogni singolo alunno nei confronti delle attività di
classe, sia per stabilire un efficace, sereno e produttivo ambiente di lavoro.
Tra queste scelte organizzative e
didattiche indispensabili per creare le condizioni per apprendimento efficace rientrano
la disposizione dei banchi, il tipo di materiali e/o strumenti che usiamo, il
linguaggio verbale e non verbale, il tono di voce, la capacità di muoverci tra
i banchi e raggiungere in breve tempo l’alunno che disturba ecc. Diciamo che tutto
deve essere programmato ad hoc per catturare l’attenzione dei nostri alunni.
Cosa alquanto difficile al giorno d’oggi.
Gestire la classe significa anche,
anzi soprattutto, motivare.
La motivazione è indispensabile
per un apprendimento davvero efficace. Mi piace molto, a tal proposito,
ricordare le parole di Luigi D’Alonzo, professore ordinario di Pedagogia
Speciale che da anni si occupa di ricerca sulla gestione della classe, il quale
dice: “Gli alunni hanno bisogno di essere allettati dalle attività didattiche.
E’ necessario che il docente sia “affascinante” (da “recitare in modo solenne);
deve esercitare un’influenza sugli alunni per condurli verso mete educative più
elevate solo tramite le proprie doti umane e professionali. La proposta
formativa va presentata con “trasporto” (da “portare” al di là): l’allievo va
portato “oltre” con impeto, entusiasmo, passione, cioè comunicando il desiderio
del proprio lavoro e la capacità di credere in ciò che si fa.”
Noi, dunque, dovremmo essere
capaci di coinvolgere ed incoraggiare la partecipazione, perché sappiamo bene
che l’apprendimento è condizionato dallo stato di benessere che il soggetto
vive in un determinato contesto educativo e questo può avvenire solo se c’è una
relazione positiva e fruttuosa tra noi e i nostri alunni e presupposto
fondamentale affinché si raggiungano risultati soddisfacenti con tutti gli
alunni è quello di sapersi mettere in gioco sul piano relazionale; comunicare
le nostre aspettative; sollecitare la partecipazione di tutti; condividere le
scelte didattiche ecc. Quante volte sperimentiamo noi stessi episodi in cui un
alunno o un gruppo di essi si comportano in un modo con noi e in un altro con i
colleghi? O viceversa? Magari questa
difformità di atteggiamento dipende proprio dalle diverse relazioni che si sono
venute a creare.
Come dicevo prima gli alunni hanno
bisogno di essere allettati dalle attività didattiche, devono essere catturati
dalla proposta formativa, hanno bisogno di intravedere la riuscita del proprio
impegno, poiché sappiamo fin troppo bene che ci si impegna di più in quelle
attività che risultano più praticabili. Ecco perché è importante inserire i
nuovi apprendimenti su quelli già in possesso, collegando le nuove attività
agli interessi più vicini agli alunni. Per allettare e motivare i nostri alunni
dobbiamo essere innanzitutto motivati noi stessi, dobbiamo amare ciò che insegniamo
e non possiamo assolutamente permetterci di essere apatici e/o passivi.
Ricordiamoci che non s’incendia alcunché senza una scintilla. E la scintilla
siamo noi. Se gli alunni si rendono conto che noi proponiamo un’attività senza
partecipazione emotiva, senza credibilità (cioè senza credere in ciò che diciamo
o facciamo), senza coerenza (cioè pretendiamo dagli alunni ciò che noi stessi
non siamo capaci di dare loro), è naturale aspettarci la loro demotivazione. La
passione deve essere comunicata immediatamente perché gli alunni hanno bisogno
di percepire subito l’entusiasmo e la voglia di apprendere. L’insegnante che
esprime passione è colui che comunica desiderio per il proprio lavoro e forte
volontà nel comunicare agli alunni di credere in quello che fa. Oggi noi
insegnanti svolgiamo un lavoro ben più difficile e stressante rispetto a quello
che un tempo i nostri colleghi svolgevano e le strategie che dobbiamo mettere
in atto per gestire adeguatamente una classe ed evitare di incorrere nel temuto
bournout che spesso ci sfiora sono tante. Oggi condurre una classe è un compito
difficilissimo per non dire arduo e complicato e chi vive fuori dal contesto
scuola difficilmente conosce o riesce a comprendere. Oltrepassiamo ogni giorno
la soglia della nostra aula e veniamo investiti da una serie di responsabilità:
quali modalità comunicative ed efficaci possiamo trovare? Come possiamo
impostare una relazione significativa con tutti e con ciascuno (e non mi
riferisco solo agli alunni, ma anche ai colleghi, ai genitori al personale ATA
ecc)? Come possiamo condurre una lezione in modo funzionale per l’apprendimento
di tutti e verificare i risultai? Come
possiamo trovare le giuste attenzioni educative e didattiche per soddisfare per
i bisogni di ciascun alunno? Ripeto non è facile perché la complessità della
società odierna si riflette in modo inevitabile anche sul mondo della scuola.
Come dice Fredric Jones: “Gli insegnanti prendono ogni giorno circa cinquecento
decisioni di conduzione della realtà della classe, il che rende il loro lavoro
secondo solo come complessità e stress a quello dei controllori di volo del
traffico aereo.” Mai parole furono più “azzeccate” di queste per descrivere la
realtà nella quale ci troviamo ad operare. E sempre Jones ci suggerisce delle
tecniche che ci aiutano a gestire con facilità la classe, dei “pilastri” come
vengono definiti.
La cosa più importante è prima di
tutto organizzare in modo preciso la classe: occuparci della sistemazione dei
banchi e della cattedra in modo da poter essere sempre presenti con tutta la nostra
“fisicità”, perché la nostra “persona” cioè noi stessi siamo lo strumento
determinante nella gestione della classe.
Secondo, il ruolo della
comunicazione non verbale: il cosiddetto controllo prossimale per bloccare
senza difficoltà i comportamenti inadeguati; il nostro contatto oculare per
esprimere direttive o scoraggiare condotte non idonee; le nostre espressioni
facciali per manifestare disappunto per un atteggiamento scorretto o al
contrario consenso; la nostra postura del corpo e il tono di voce ecc…
Un’altra tecnica efficace che
possiamo usare è il sistema di incentivi che non sono le note di merito, i voti,
i premi, bensì incentivi che facciano leva sull’autodeterminazione degli
allievi nella scelta delle attività: un periodo da dedicare al disegno libero,
un tempo preciso per le attività libere ecc..
Nel corso della prassi didattica di
ciascuno di noi e nella nostra esperienza di insegnamento, abbiamo di certo
sperimentato tecniche e strategie diverse per gestire al meglio la classe, per
motivare ed entusiasmare i nostri alunni . Le realtà in cui ciascuno di noi si
ritrova ad operare sono alquanto diverse, quindi sarebbe bello e proficuo
potere condividere ciascuna di esse con tutti.
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